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Cose,abitudini ,mestieri e costruzioni scomparse (Qui abitudin, amstir,e costruziàn sparì) fonte: Marisa Marocchi

Ciò che è scomparso dall'ambiente domestico: Oggetti e attività  ( Quall ch l'è sprì dall'ambient ed cà : còs e lavurir)

Il caffè e i vari attrezzi per prepararlo (al cafà e i divers usvèi per fel)

L'orzo il surrogato del caffè ( L'orz,al suroghèt dal cafà)

  Quando il caffè divenne una bevanda  era accessibile,dato il suo costo,solo ai benestanti e questo è rimasto,almeno per la maggioranza degli italiani,fino alla fine della seconda guerra mondiale.In sostituzione,la gente modesta ricorse ala suo più economicosurrogato.Il caffè che si preparava nelle case degli operai,spcie per fare il caffelatte,era d'orzo che si comprava e si tostava in casa.Per farlo si utilizzava la tostatrice(la padleina da tostèr) un utensile di ferro fatto a padella,con manico e coperchio a cupola,apribile per metà. Si poneva l'orzo in questo attrezzo,si chiudeva,si metteva sulle braci nel fornelllo a carbone e per mezzo della manovella sovrastante,si manteneva rimescolato per consentire l'eguale tostatura di tutti i chicchi. Questo processo aveva il grosso inconveniente che sprigionava un fumo intenso,molto acre che richiedeva lo spalanco di tutte le porte efinerstre della casa per poterlo eliminare,altrimenti ci s'intopssicava.Bisognava essere bravi a capire il punto giusto di tostatura,affinchè l'orzo non diventasse carbone!Una volta raffreddato,era macinato e si poteva quindi fare il caffè,che era preparato col metodo alla turca.Si metteva l'acqua in un tegamino sul fornello e a bollore iniziato,si versavano alcune cucchiaiate d'orzo macinato e quando riprendono il bollore,cominciava  a schiumare, si rimestava in fretta in superficie per abbassare la schiuma,poi si toglieva dal fuoco e si lasciava depositare prima di consumarlo.Questo metodo andò poi in disuso,come il consumo diffuso dell'orzo,quando le condizioni economiche della gente migliorarono. Da diversi decenni è in vendita l'orzo già macinato,poi è arrivato quello solubile,che per prepararlo è sufficiente versare l'acqua calda sulla polvere dentro la tazza,ed eccoti servito! Tutto il resto è stato fatto il fabbrica.Si può scegliere quello che ha solo il sapore d'orzo,quello che ha il retrogusto di caffè e quello che l'ha di cioccolata,ce n'è per tutti i gusti! Era stato soppiantato dal caffè ,ma stà ritornando d'uso corrente. Durante la seconda guerra mondiale fu introdotto un altro surrogato:la miscela Leone, che era il risultato della tostatura di altri chicchi di cereali e legumi,e anche quello si preparava alla turca.E' ancora prodotta e venduta nel classico pacchetto con l'immagine del leone.
Il macinino del caffè  (Al masnèn dal cafà) Era un attrezzo simpatico ed io bambina lo vedevo come un giocattolo,una specie di mulino a vento,perchè quello della nonna era di forma antica,assomigliava a una colonna dorica,era cioè cilindrico e scannellato,pr meglio trattenerlo durante la macinatura.Era composto da due parti ,quella inferiore faceva da contenitore,mentre quella superiore che s'inseriva a incastro,conteneva il congegno della macina e ospitava,dentro la cupolina i chicchi per essere macinati.Questa si chiudeva con unio sportellino che si muoveva su metà della circonferenza.Sopra c'era il manico della leva che,ruotando impremeva il movimento alla macina.La polvere del caffè così ottenuta cadeva nelle parte inferiore del macinino,  da cui si prelevava per l'uso. Un altro tipo era quello in legno fatto a scatola con sopra la cupolina e la manovella.La povere macinata in questo modello, cadeva invece dentro a una cassettina.Se si erano messi troppi chicchi,nella cassettina si formava una collinetta e quando questa si estraeva,la collinetta più alta dello spazio d'uscita,era decapitata e parte della preziosa polvere si spargeva all'intorno.Occorreva fare più attenzione e mettere minore quantità di chicchi per evitare l'inconveniente.Anche aprire e chiudere quella cassettina era un gioco. Macinare il caffè solitamente lo faceva la donna di casache,sedendosi,per farsi forza teneva il macinino stretto fra le ginocchia.Si sentiva tutto il cri-crac dei chicchi che si spezzavano e,man mano che le schegge nella macina si assotigliavano,minore era l'energia richiesta,per cui la manovella girava più allegramente. L'aroma del caffè impregnava la parte bassa del macinino o la cassettina ed era un piacere odorarli,quando si aprivano anche da vuoti!  Oggi invece usiamo il macina caffè elettrico di plastica,che fa un rumore infernale perchè spara i chicchi a tutta velocità contro la parete e che,essendo un materiale poco assorbente,trattiene assai di meno il buon aroma del caffè.Per chi poi non vuol usare quest'attrezzo.l'industria fornisce le miscele già macinate e confezionate negli appositi sacchetti impermeabili.Il vecchio macinino è stato  buttato o messo fra le cose inutili.Se ne trova ancora qualcuno nei mercatini dell'antiquariato.
Le macchinette per preparare il caffè (Al machinein pr'al cafà)
  Il caffè fatto alla turca,sia quello vero sia quello d'orzo,aveva l'inconveniente che se si lasciava depositare bene,nel frattempo si raffreddava,se si voleva bere più caldo,si assorbiva anche il residuo solido.Poichè la bevanda era tanto gradevole,ci fù chi pensò bene di studiare un metodo pigliore per l'uso domestico.Qualcuno quindi inventò e mise in commercio la macchinetta alla napoletana.Questa si componeva di due parti cilindriche,come due bussolotti d'alluminio delle quali una col beccuccio.Si metteva l'acqua nel primo bussolotto,si copriva col filtro entro cui si poneva la polvere di caffè,si avvitava sopra l'altra parte col beccuccio e così composta si metteva la macchinetta sul fuoco.Quando l'acqua raggiungeva l'ebolizione,per la pressione che si era creata all'interno,saliva attraversando il filtro del caffè,nè scioglieva l'essenza e giungeva nella parte superiore,quella col beccuccio.A quel punto era sufficiente capovolgerla e si poteva servire.Che si chiamasse mapoletana,è espressiva del culto che i napoletani hanno sempre avuto per il caffè e la macchinetta l'avrà di certo inventata uno di loro.Poi anche questa fu superata dalla più moderna moka,che non richiedeva più di essere capovolta,perchè il camino situato all'interno,provvedeva al passaggio del liquido.Prende il suo nome dal tipo di caffe moka,una qualità araba pregiata,nome che gli derivò da quello della città di Mockhà nello Yemen.Ora inizia ad andare in secondo piano anche questa,per la diffusione delle più moderne ed elettriche macchinette espresso a uso famigliare.  Tutte le evoluzioni della tecnologia,hanno migliorato il gusto del caffè preparato in casa.Non provo nostalgia dei vecchi metodi,solo il piacere di ricordare l'evoluzione di un percorso,avvenuto durante il corso della mia vita.Ho solo il rammarico che i locali pubblici non si chiamano più Caffè ma bar.La parola "caffè" rimandava alla storia di questa bevanda attraverso i secoli,e anche quella paesana delle persone che gestivano i locali dove si serviva.Ora le gestioni cambiano a intervalli più brevi. A proposito ,narra la leggenda che a scoprire i pregi del caffè fosse nel IX secolo un pastore etiope,il quale aveva osservato l'effetto stimolante che questi frutti avevano sulle capre che li mangiavano.                            Teglie,Pentole e vari attrezzi da cucina (Tajj,pignat,e divèrs usvèi ed cusèina)  Restando nell'ambiente di cucina ,mi sovvengono altre vecchie cose,ormai in disuso che a volte si vedono nei mercatini dell'antiquariato o meglio dell'usato.Quando ero piccola all'epoca della seconda guerra mondiale e subito dopo,per cucinare il ragù,gli stufati,gli arrosti e le salse si usa la teglia di terracotta,con i due manici ad ansa di forma panciuta alla base che si restringeva verso il bordo.Poi gradatamente le pentole di coccio furono sostituite con quelle smaltate di colore blu all'esterno e bianco all'interno,coloriche nel tempo furono di moda.Quando cadevano o erano urtate,quelle di terracotta si rompevano e addio pignata.Invece quelle smaltate si ammaccavano e con l'ammaccatura si scalfiva lo smalto,lasciando scoperto il metallo.Con il calore del fuoco e l'uso continuo,in quelle ammaccature si formava il buco.Allora si provvedeva alla riparazione ricorrendo allo stagnino(al stagnèn).Se invece il buco si apriva quando la pentola si era già predisposta per andare sul fuoco a quel punto non era più possibile ricorrere allo stagnino.Quando non si ritenevano più recuperabili,queste pentole,diventano dei vasi da fiore per garofani e gerani,perchè il foro per lo scolo dell'acqua era già fatto.Attaccata alla catena del camino,sostava di solito piena d'acqua la calderina di rame(la caldereina ed ràm). Per friggere si usava la padella di ferro(la pàdela ed fèr)che anch'essa andava attaccata alla catena del camino.Si diceva che la padella non dovesse essere lavata con l'acqua per evitare che facesse la ruggine.Andava solo strofinata con un straccio pulito.Nonna la lavava,poi per proteggerla dagli agenti intaccati,dopo l'ascugatura la ungeva.Andando sul fuoco del camino,l'esterno della padella e della calderina erano sempre nere di fulligine,perchè impossbile da togliere,quindi l'esterno non era lavato,ma sempre solo spazzolato o pulito con la scopetta di saggina(al granadèl). Nei decenni,anche in questo settore la tecnologia è subentrata,prima con i tegami d'alluminio,che però erano soggetti a  ossidarsi,poi con quelli di acciaio inossidabili dal doppio e triplo fondo.La miseria si raintanto allontanata e diventavano di moda le così dette batterie da cucina,composte da innumerevoli tegami di varie grandezze,coi relativi coperchi (i querc) che mandarono in soffitta i vecchi tegami.Da alcuni anni le industrie ceramiche stanno proponendo un ritorno delle teglie,ma il diverso calore dei fornelli a gas e la pulizia coi detersivi,che sgrassa anche il fondo esterno delle teglie,le rende meno resistenti e si fessurano in breve tempo.Vorrei solo ricordare che i sapori dei cibi cambiano secondo il contenitore e il combustibile di cottura.La teglia contribuiva a migliorarli.E' difficile però concigliare i vecchi materiali con i nuovi metodi di combustione.Per richiamare alle tradizioni del cibo povero,nei ristoranti usano i tyen per servire la minestra e lo stufato di fagioli,e la crema catalana,perchè và passata al forno.Li ho trovati anche in Messico dove mettono la tortillia (piadina con farina di mais) sul fondo,su cui versano poi lo stufato di fagioli.
I piatti (i piàt) erano già di ceramica,ma la vetustà si riconosceva dalla ragnatela formatasi sullo smalto e non è detto che intavola fossero sempre tutti uguali!Solitamente si mangiava con n solo piatto,quello pari.Quando c'era il brodo,andava intavola anche la scodella.Il servizio buono,quando c'era era utilizzato solo per le feste e per quando c'erano gli ospiti.Invece all'asilo usavano i piatti e i bicchieri di stagno che erano grigi,squallidi e ammaccati,però suonavano a batterci contro le posate e non si rompevano! 
Le posate (al pusè,al curtèl,la furzeina,al cucèr) hanno subito una trasformazione in rapporto ai materiali utilizzati.Ricordo ancora che in casa avevamo ancora,a trent'anni dalla fine della guerra,una vecchia forchetta di ferro.Ho visto quelle di stagno,specialmente usate nel corredo dei militari,quelle in lega in ottone e finalmente quelle in acciaio inossidabilie.Scrivendo queste note mi sembra di parlare dell'evoluzione della civiltà e non degli attrezzi di cucina.Sono passata dall'età del ferro all'età dell'acciaio..........in un amen! Un altro contenitore abbastanza comune nelle case operaie,era la gavetta (la gamèla) stoviglia tradizionale dei soldati dentro la quale era servito il rancio,ma in uso anche nelle famiglie.Serviva per portarsi al lavoro il pasto preparato dalla donna di casa,di solito la minestra.Era di stagno,di forma ovoidale leggermente convessa,col manico sottile che passava sopra,e il coperchio fermato da una levetta.Aveva anche una barretta entro cui restavano fermate le posate di legno.Nel tempo fu sostituita dal pentolino smaltato,quindi quelo di acciaio,poi definitamente soppiantati dall'utilizzo delle varie mense. In tavola si metteva la brocca di terracotta (la bròca ed tèra còta) per l'acqua,perchè più comoda da riempire,specie quando l'acqua si prendeva col mestolo dal secchio,prima di avere il rubinetto in casa.La brocca la manteneva pura fresca.Oggi invece,in tavolla si mette la debole bottiglia di plastica da un litro e mezo di acqua minerale che,quando si versa,cambia forma sotto le mani e scriccola come una cosa vecchia!  Il vino era messo in tavola nel fiasco impagliato (la zòcca).Il fiasco di vetro era d'uso corrente,conteneva un litro e tre quarti ed era impagliato con la foglia secca delle pannocchie,quando si utilizzavano i prodotti naturali.Poi anche questa impagliatura fu sostituita dalla plastica,finchè si perse l'uso del fiasco,prchè nn trovava spazio nel frigorifero.Ora si usa la bottiglia di tre quarti,meglio se con etichetta di qualche vino rinomato o reclamizzato.

 Dal focolare alla stufa economica (dal camèn alla stù ecònomica)  Il focolare(al cùmen) Il focolare era da secoli presente nelle case,era acceso solo quando il freddosi faceva pungente,perchè la legna si consumava in fretta e i soldi per acquistarla erano sempre pochi. La miseria spingeva i povi a procursela nei boschi,ma questi avevano un modesto carico. Cercavano di procurarsi le potature di alberi e viti e le radici delle siepi divelte ma queste,servivano anche ai contadini,per cui contavano sulla loro generaosità e le cambiavano col lavoro.Se la legna doveva essere acquistata,non in base alla necessità ma ai soldi disponibili.Quando il camino era acceso ,oltre al calore dava luce alla casa,guardare le fiamme che si alzavano ballanda dai ciocchi e sparando scintille era uno spettacolo ogni volta diverso,per forma e colore .Oltre a riscaldare il corpo ,purchè si stesse nei pressi,riscaldava la mente,sollecitando la fantasia.Seguendo il movimento della fiamma,la mente usciva in spazi aperti e sognava un pò.Mi eè sempre piaciuto sedere accanto al focolare acceso,osservare le fiamme gialle,arancioni e rosse,le braci ardenti che si formavano sotto e il fumo che saliva lungo la canna.Vedere sui tetti i comignoli che fumavano,da un senso di vicinanza e protezione:non si era soli.Per accendere il fuoco,oltre la carta,si usava mettere sotto la legna un mazzetto di bacchetti,frutto della potatura delle piante.Più a buon mercato erano le potature delle viti,icui fasci si chiamavano gli spagnoli(i spagnù).Non so perchè questo tipo di fascina avesse tale nome.Nel camino si bruciavano anhce le buccie d'arancia e di mela,perchè facevano profumo,e quant'altro fosse combustibile,diminuendo così il pattume da buttare.Le vecchie case,specie quelle modeste di paese,erano state costruite ponendo il camino in cucina.Era quella l'unica fonte di riscaldamento di tutta la casae serviva anche per la cottura dei cibi. Nei mesi in cui non si accendeva il camino,per cucinare si utilizzava il fornello a carbone,posto sul bordo del focolare.Il focolare era bello ,ma in rapporto al costo della legna,il beneficio che apportava era limitato.Per cucinare nel fornello si usava il carbone di legna e la carbonella,era acceso con la carta,infilata nel cunicolo sottostante,utilizzando la sventola fatta di penne di tacchino,per portare maggiore aria e accelerare la combustione. Essendo scomparso il focolare dalle varie abitazioni,sono scomparsi e non più conosciuti dai giovani,anche i relativi attrezzi:  gli alari,per appoggiarvi sopra la legna( i cavdòn); la molle,per sollevare i tizzoni e braci ( al mujatt); la paletta di ferro,per sollevare la ceneere(la palatta ed fèe) la sega,saracco e il pennato,attrezzi per segare e spaccare la legna(la sàiga,la ranzinèla,al pudàtt); il ventaglio per ravvivare il fuoco (la svantla)                                                                                                                                                                                 La stufa economica (la stù economica)  La stufa economica fu quindi una grande invenzione e alla gente  modesta,portò un notevole beneficio. Fu in uso agli inizi del novecento,ma nelle case più povere,arrivò quisi per tutti solo dopo la seconda guerra mondiale.Il nome datole fu veramente azzeccato.Vediamo com'era progettata per capirne i pregi. Era costruita in ghisa e rivestita di materiale refrattario.Era divisa in due parti,una aveva il vano per mettere la legna da bruciare,e da questa attraverso la graticola(la gradlèina) scendeva nello scomparto inferiore la cenere prodotta.A fianco aveva l forno di cottura e sotto a qusto un vano scalda vivande.Di lato al forno era sistemata una capiente vasca per l'acqua,che serviva a mantenere la giusta umidità nell'ambiente e ad avere sempre una riserva d'acqua.Un piano di ghisa levigato fingeva da copertura e portava un grande foro coperto da diversi cerchi concentrici,sui quali si mettevano i tegami per la cottura. Secondo quanti cerchi si toglievano,il calore che arrivava al tegame era maggiore o minore.Il fumo che era prodotto dalla combustione della legna,saliva lungo un tubo che collegava la stufa alla canna fumaria dell'ambiente.Il fumo,durante quel percorso,cedeva il calore all'ambiente,in modo da non disperdere il meglio dell'energia prodotta dalla legna. Attorno alla piastra di copertura,per evitare il pericolo di scottature,era collocato un tubolare di ottone nelle più vecchie,o di acciaio nelle più recenti,sul quale si stendevano strofinacci o biancheria ad asciugare.La stessa cosa si faceva,attaccando una raggiera sulla parte alta del tubo che saliva dalla stufa.Con la stessa carica di legna si poteva cucinare in contemporanea con diversi tegami,si potevano cuocere cibi e dolci nel forno,si aveva l'acqua calda,si asciugava la biancheria,si otteneva la cenere per fare il bucato e.....sopratutto si scaldava l'ambiente.Il tiraggio della stufa era regolabile,per rendere più lenta la combustione,quando serviva solo per riscaldare.Fu uno strumento di reale aiuto all'economia domestica1 Perchè con tanti pregi fù soppiantata? Ciò  avvenne perchè erano entrati in commercio i combustibili derivanti dal petrolio e la progettazione edilizia di conseguenza aveva introdotto il sistema di riscaldamento centralizzato nelle nuove abitazioni,con i termosifoni in tutti i vani.Man mano che le case vecchie venivano ristrutturate,installarono anche in queste l'impianto termico,quindi gradatamente iniziarono a  scomparire i camini e le canne fumarie. Non si bruciava più nè carbone,ne legna ma gasolio,finchè non arrivò il metano.Il lungo tubo non attraversava più la cucina per imboccare la canna fumaria,l'ambiente diventava più ordinato e più gradevole.Si poteva arredare con i mobili all'americana.In attesa del metano,s'iniziò a cucinare con la stufa o con il fornello a gas,alimentato dalla bombola,che però riprendeva solo due fra le prestazioni della stufa economica,cioè la cottura dei cibi sulla fiamma e nel forno. A partire pressapoco dagli anni sessanta ,le vecchie stufe economiche cominciarono alcune a prendere la via di rottamazione,altre in miglior stato,quella di qualche tavernetta o seconda casa di campagna. Non erano più un strumento primario nella vita quotidiana.A  cinquant'anni di distanza,sono andata di recente in un grande magazzino di elettrodomestici per acquistare una nuova stufa a gas e ho scoperto che quelle economiche non sono state del tutto dimenticate,ma sono ritornate in produzione,ricalcando i vecchi modelli ,ma cambiando colore,non sono più bianche,ma marroncino sfumato,o grigie così da sembrare più antiche.Il loro prezzo è però elevato.Hanno quindi trovato un nuovo mercato,specie fra chi ha la legna senza doverla acquistare,e che possiede una casa ancora con la canna fumaria.Calando le risorse economiche,l'attenzione ai risparmio sui consumi energetici si acuisce e ritornano validi anche quegli strumenti che la modernità aveva scartato.
Per vederci quano faceva buio (Per vadder quand al fèva bur).     
La candela (La candaila)............          Quando arrivò l'autunno e poi l'inverno,le giornate si accorciarono progressivamente,viene buio presto per cui fin dall'antichità è sempre stata un esigenza avere una fonte luminosa che desse un poco di luce durante le tante ore di buio quando,specialmente in casa,c'era ancora bisogno di lavorare,cucinare e leggere.La sola luce della fiamma del focolare non era sufficiente.La candela per tanti secoli dette il suo modesto contributo alla soluzione del problema.Viste le necessità del mercato,la materia prima,che era la c'era d'api fu sostituita dalla stearina,ricavata daoi grassi animali.Questa sostanza per le fabbriche era più facile approvigionarla in grandi quantità,per cui quelle ad uso comune erano le cosidette candele steariche.Per comodità del racconto,continuerò a indicare la sostanza come cera..Lo stoppino (al stupèn) sporgendo dalla candela era l'elelmento che,venendo acceso,forniva la fiammella che illuminava.La candela era accesa quando era strettamente necessario,perchè bruciando,si consumava lo stoppino,colava la cera e la candela finiva! Quando dalla  cucina,ci si doveva spostare in un altro vano,bisognava portarsi appresso la candela accesa.Ecco che allora c'era sempre un candeliere o una bugia in più a  portata di mano e,per risparmiare un fiammifero,quest'ultima si accendeva sulla fiamma di quella già accesa. Poi nel tempo la candela fu sostituita da altre fonti luminose.Purtroppo ritornò come unico mezzo d'illuminazione quando,durante la seconda guerra mondiale,la gente fu costretta a vivere nelle cantine e nei rifugi in montagna.Ritornò pure nelle case di paese,perchè la corrente elettrica per un certo numero di mesi funzionò solo poche ore al giorno. In quel periodo,retrocedemmo al medio evo.
La lumiera (lLa lumìra)   La lumira con un cero successo andò a sostituire la candela e di sera il buoi si attenuò,ci potevamo vedere tutti in faccia a tavola,solo gli angoli della cucina rimanevano in penombra.Era compost da due parti.Una comprendeva il contenitore  per il petrolio,perchè era questo il suo carburante,dal quale usciva lo stoppino,protetto da una canna di vetro trasparente;l'altra era il cappello coprente di vetro bianco opaco,che facilitava la diffusione della luce all'intorno.La lumiera si accendeva come un fiammifero,pendeva dal soffitto delle cucine come un lampadario e  aveva un regolatore che consentiva di alzare e abbassare la fiamma.Il fumo del petrolio che si sprigionava dalla combustione era maggiore  rispetto a quello della candela e più pungente come odore.La lumiera era montata solo in cucina, qundi per illuminare gli altri vani,c'era sempre e solo la modesta candela.Questo strumento d'illuminazione fu utilizzata in molte case coloniche del nostro paese,anche dopo la fine della guerra,in attesa che fosse completata l'elettrificazioni nelle campagne.Il fumo del camino,quelle delle candele e poi quello della lumiera,erano una presenza consistente nelle nostre case e il colore dei muri,ne risentiva le conseguenze.Quando poi c'erano pochi soldi,non era poi così normale ritinteggiare gli ambienti, e l'oscurità incrementava!  Dopo la lumiera in alcune case all'ora di cena,s'inizio ad accendere la lampada ad acetilene. Era una spece di barattolo,formato da due parti,che terminavano con un tubino da cui usciva la fiamma .La luce si otteneva facendo bruciare il gasche si sprigionava dal mettere a contatto con l'acqua,dal carburo di calcio derivato dalla calce spenta.Dopo questo contatto,si accendeva il fiammifero e ne usciva una bella fiamma bianco-azurrina. Era però una operazione più delicata,rispetto all'accensione della lumiera.La fiamma era assai più luminosa,ma emanava un forte odore,la combustione era rumorosa e la lampada andava ricaricata più spesso e per farlo ,prima doveva raffreddarsi. Quando la corrente elettrica non era ancora entrata nelle case,un altro disagio sorgeva quando c'era necessità di uscire e rientrare dopo l'imbrunire,perchè le scale e l'atrio degli edifici erano anch'essi bui. Erano gli uomini che stavano fuori di sera e,quando rientravano a casa ,per evitare di inciampare sulle sulle scale,accendevano dei fiammiferi,specie quando svoltavano gli angoli delle rampe. Nel periododel fascismo era prudente farlo,perchè dietro gli angoli c'erano già state delle brutte sorprese! Era abbastanza normale che per accendere i fiammiferi li sfregassero contro il muro,che portava così tante righe rette,parallele,croci e sgorbi vari,oppure li sfregavano sulla suola delle scarpe. Poi verso gli anni quaranta,l'energia elettrica fu già in tutte le case del nostro centro storico,e quelle lampadine che si accendevano solo girando una farfallina,posta su una piccola scatola attaccata al muro viicino alle porte,sembrava il frutto di una magia della fata Turchina. Prafrasando la Bibbia..... e luce fu! Finalmente uscivamo dal buio e dall'oscurità,sia in casa sia nelle strade,poi ci saremmo ritornati durante la guerra ,ma avremmo di nuovo avuto la luce elettrica dopo la primavera del 1945.Fino alla fine degli anni cinquanta ,quando era distributrice dell'energia elettrica la Società Bolognese di Eletttricità,la bolletta si pagava direttamente all'esattore,che passava periodicamente di casa in casa :era di Toscanella e,dopo tanti anni,era diventato un  amico di tutti ( stessa cosa faceva anche il Comuune,per incassare le bollette dell' acqua).In quegli anni finì pure il mestiere dell'esattore porta a porta.
LA MOBILIA DI UNA VOLTA (La mubègglia d'una volta) Per mettere su casa come si diceva una volta,spesso le giovani coppie ottenevano in  eredità  qualche vecchio mobile della casa paterna,per cui lo stile era ininfluente,almeno a livello sociale basso.Se li compravano,ricorrevano spesso all'usato,e solo più avanti nel novecento,le giovani coppie riuscirono ad avere pur con molti sacrifici,tutto il mobilio nuovo.Vi segnalo quelli che ora non usano più,in aggiunta a quelli già trattati,perchè le esigenze moderne si sono modificate e le industrie hanno proposto soluzioni diverse.Per la cucina era indispensabile la madia (LA SPALTURA') mobile di stile sobrio,costituito in parte da una cassa rettangolare in cui riporre la farina o la pasta del pane a lievitare,e in parte di un vano con sportello,destinato ad accogliere le stoviglie.Sopra trovava posto la spianatoia(al tulir) che fungeva da piano da appoggio,protetto dal coperchio.La madia era uno di quei mobili della casa particolarmente graditi ai topolini,attratti dal profumo della farina,per cui a volte capitava che qualcuno ne trovasse il fondo rosicchiato. La credenza (LA CARDE'NZA) era una specie della madia,completata dai cassetti e da una scansia superiore con mensole per riporvi oggetti. La vetrina (la vidrèina) era una credenza ancora più raffinata,perchè la parte superiore era chiusa con le ante vetrate,quindi conteneva gli oggetti da far vedere,cioè i più belli. Chi possedeva solo la spaltura spesso aveva attaccato al muro,un telaio di legnodalle strette pareti laterali,sagomate con un taglio arrotondato in modo da poter accogliere il bastone della sfoglia e della polenta (al bastòn dla spojja e quall dla pulènt).Poteva anche ospitare coperchi,mestoli,ramine,il grattino di ferro e la scoperta di saggina(al granadèl),per togliere i residui d'impasto dalla spanatoia.   La tavola che nel novecento aveva inziato a sostituire quella tradizionale,era la così detta tavola tedesca (la tèvla  tudàssca)che,con un sistema di incastri sovrapponibili,era allungabile alla bisogna. Oggi questi mobili da cucina sono decisamente fuori moda,tenuti semmai in tavernetta come un ricordo dei nonni,sostiuiti dalle più funzionali cucine al'americana,più idonee a contenere i tanti strumenti di lavoro di cui disponiamo per cucinare e le stoviglie per allestire la tavola. Passando alla camera i letti (i lèt).Quello più antico e  più spartano lo vidi in campagna,quando eravamo sfollati.Era realizzato con dei bassi cavaletti di legno,su cui erano appoggiate dalle assi e su queste,erano a sua volta collocati i materassi.Risaliva alla nonna della famiglia ed era un retaggio della povertà in cui una volta vivevano i contadini che gestivano il podere per conto del padrone.Più normalmente i letti di ferro e di due stili.Potevano essere in ferrro tubolare lavorato a volute,a formare la tastiera e il dappiedi,con le classifiche ballotte ornamentali ai lati,oppure queste parti erano in lamiera verniciata a imitazione del legno. Questo sta agiù a suggerire che erano destinati alle case  meno abbienti.Chi poteva avere i leti dilegno nello stesso stile del comò e dell'armadio,era già un ceto superiore!Questi letti avevano i piedi più alti,perchè le camere non erano riscaldate e con più si stava vicini al pavimento,più si sentiva il fraddo.Oggi sono di tutt'altro genere:quelli metallici,sono in ottone cromato lucido o satinato e assai eleganti,altrimenti le tastiere sono imbottite,oppure in legno con mensole d'appoggio per oggetti vari. Un altro oggetto che non si usa più,ed è meglio così, è il porta catino (al portacadèn).Consisteva in un telaio di ferro,le cui tre gambe sagomate,si restringevano per accogliere il cerchio porta brocca e quello porta sapone,per terminare in alto col cerchio porta catino a  cui erano applicati dei ferri sagomati per reggere gli asciugamani.I più antichi avevano gli accessori in ceramica o in terracotta,i piùmoderni in ferro smaltato. 
Il secchio di zinco (la mastèla o al calzàider) una volta era utilizzato per attingere acqua dal pozzo,struttura che era presente in diversi fabbricati poi,quando le fontane pubbliche furono disloccate in molti punti del paese,serviva per attingere l'acqua di queste.Il secchio andò in disuso,quando l'acqua potabile fu portata in tutte le case e per gli altri usi,fu poi sostituito da quello meno pesante in plastica.Ma con questi ultimi eravamo già negli anni sessanta.   Continua................